IL CONVIVIO di Dante Alighieri
C’è anche ne “Il Convivio”, esplicitamente dichiarato, il proposito di meritare fama di sapiente, in modo da poter ottenere la revoca dell’esilio: come potrà la sua città chiudere le porte a colui che si è fatto testimone della verità, diventando voce di quella ragione che è per tutti la stessa? La dottrina riversata nell’opera non mira ad ottenere onori e ricchezze, ma è stata offerta a tutti perché se ne nutrano e per essa diventino migliori. Per questo motivo, come si legge nel trattato introduttivo, il “Convivio” di Dante è scritto in lingua volgare, questo “sole nuovo” e “luce nuova” che viene per illuminare le menti di coloro ai quali la scienza dei dotti è impedita, essendo trattata fino a quel momento solo in latino.
Nell’intenzione di Dante l’opera avrebbe dovuto comprendere, oltre al trattato introduttivo, altri quattordici trattati, a commento di altrettante canzoni, ma il progetto fu interrotto quando nella sua mente si concretò il progetto della Divina Commedia. Restano, oltre al primo, solo tre trattati, che commentano le canzoni “Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete”, “Amor che ne la mente mi ragiona”, “Le dolci rime d’amor ch’i’ solia”.
Tutto in Dante tende a sintesi totali sempre più vaste e coinvolgenti e il Convivio rappresenta una tappa importante su questo cammino, nel segno soprattutto di una fiducia assoluta nelle possibilità della ragione di imporsi contro i vizi e gli errori, secondo l’insegnamento di San Tommaso, e le linee portanti di tutta la cultura medievale.