IL GIORNO di G. Parini

 

“Il Mezzogiorno” comincia col racconto della visita del giovin signore alla dama di cui, secondo il costume del tempo, è cavalier servente, o cicisbeo, con beneplacito s’intende del tranquillo marito, che si dimostra interessato solo al pranzo imminente: l’eroe segue la dama anche nella stanza della toeletta, affrontando la nube della cipria con lo stesso coraggio cui il suo rude antenato affrontava la polvere delle battaglie.

Comincia il pranzo, al quale i convitati sono guidati non dall’appetito, che è retaggio dei plebei e degli animali, ma dal piacere, cioè da quella voluttà del gusto che è propria solo di questi “semidei terreni”, che si distinguono dalla plebe poiché questa è fatta per servire e loro per essere serviti. Vengono presentati i convitati, tra cui spiccano, messi deliberatamente a sedere l’uno accanto all’altro, il grande divoratore, protagonista di tutti i banchetti, e il vegetariano, smunto e svogliato, che depreca con ispirata commozione la crudeltà contro gli animali.

Qui si inserisce il celebre episodio della “vergine cuccia”, la cagnetta della nobile dama che, avendo addentato coi suoi dentini la gamba di un servo, è stata dal piede sacrilego di questi colpita e mandata a rotolare tre volte nella polvere, con esecrazione universale dei presenti e ignominiosa cacciata dell’infame, che non troverà più lavoro in nessuna casa essendosi divulgata la fama della sua crudeltà.

“Il Mezzogiorno” continua con le oziose chiacchiere dei commensali, mentre il pranzo volge al termine e i signori passano nella camera accanto per prendere il caffè e intrattenersi in giochi di società, mentre il giovin signore e la dama si scambiano confidenze furtive approfittando del rumoroso gioco del tric-trac.